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27 maggio 2020

Naspi dopo cassa integrazione .....A cosa ha diritto un disoccupato

Covid-19 è solo uno dei tantissimi fattori che possono determinare una drastica riduzione, se non un totale azzeramento, dell’attività lavorativa dell’impresa. Basti pensare alle fluttuazioni del mercato, ad eventi meteorologici, a emergenze di ordine pubblico, a provvedimenti dell’autorità, ad emergenze sanitarie, a crisi aziendale, alla riorganizzazione dell’azienda e molto altro.


In tutti questi casi, l’attività lavorativa dell’impresa viene fortemente ridotta o completamente sospesa. Per evitare che il datore di lavoro, al fine di ridurre i costi dell’azienda nel periodo di crisi, proceda al licenziamento dei propri dipendenti, lo Stato mette a disposizione dei datori di lavoro e dei lavoratori la cassa integrazione guadagni. Si tratta di un ammortizzatore sociale che consiste nell’erogazione, da parte dello Stato, ai lavoratori ai quali sia stato sospeso o ridotto l’orario di lavoro, di un trattamento di integrazione salariale che mira a coprire almeno in parte la retribuzione persa. In tutti questi casi, l’attività lavorativa dell’impresa viene fortemente ridotta o completamente sospesa. Per evitare che il datore di lavoro, al fine di ridurre i costi dell’azienda nel periodo di crisi, proceda al licenziamento dei propri dipendenti, lo Stato mette a disposizione dei datori di lavoro e dei lavoratori la cassa integrazione guadagni. Si tratta di un ammortizzatore sociale che consiste nell’erogazione, da parte dello Stato, ai lavoratori ai quali sia stato sospeso o ridotto l’orario di lavoro, di un trattamento di integrazione salariale che mira a coprire almeno in parte la retribuzione persa. erogabile mensilmente dall’Inps a titolo di integrazione salariale detto massimale Cig. Il valore di questo importo viene aggiornato annualmente dall’Inps sulla base degli scostamenti dell’inflazione registrati dall’Istat.

Nel 2020, gli importi del massimale Cig definiti dall’Inps [2] sono i seguenti:

  • 939,89 euro mensili netti (su cui occorre comunque calcolare le tasse) per i lavoratori la cui retribuzione è inferiore o uguale a 2.159,48 euro;
  • 1.129,66 euro mensili netti (su cui occorre comunque calcolare le tasse) per i lavoratori la cui retribuzione è superiore a 2.159,48 euro.
  • Naspi: i requisiti

    Per poter accedere alla Naspi occorre possedere tre fondamentali requisiti:

    • il primo è la perdita involontaria del lavoro. lo Stato, infatti, sostiene il lavoratore solo se ha perso il lavoro contro la sua volontà. Ne consegue che la Naspi spetta solo in caso di licenziamento e non spetta in caso di dimissioni o risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Fanno eccezione a questa regola una serie di casi in cui il rapporto di lavoro non si è chiuso con il licenziamento ,a, in ogni caso, la perdita del lavoro è comunque involontaria. E’ il caso, ad esempio, della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro a seguito del rifiuto del lavoratore al trasferimento presso una sede di lavoro che dista più di 50 km dalla propria residenza oppure è il caso delle dimissioni per giusta causa;
    • requisito contributivo: per poter ottenere la Naspi il lavoratore deve aver accumulato, nei quattro anni che precedono la data di cessazione del rapporto, almeno 13 settimane di contribuzione Inps;
    • requisito lavorativo: per poter ottenere la Naspi, negli ultimi 12 mesi che precedono la cessazione del rapporto il lavoratore deve aver lavorato almeno trenta giornate di lavoro effettivo.
    • Naspi dopo cassa integrazione

      Potrebbe accadere che la crisi dell’impresa si dimostra più profonda del previsto e che, dopo la cassa integrazione, l’azienda decide di licenziare il dipendente. In questo caso occorre chiedersi se il periodo di cassa integrazione che ha preceduto il licenziamento possa pregiudicare la futura fruizione della Naspi. Infatti, come abbiamo visto, per ottenere la Naspi occorre aver effettivamente lavorato per almeno 30 giorni durante i 12 mesi che precedono la cessazione del rapporto.

    • Nel caso di cassa integrazione con sospensione a zero ore il lavoratore non si reca al lavoro e, soprattutto nel caso di una cassa integrazione prolungata, questo potrebbe teoricamente incidere sul diritto alla Naspi.

      L’Inps ha precisato [4] che, ai fini della determinazione del quadriennio per la ricerca del requisito contributivo minimo e per il requisito lavorativo delle 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi che precedono la cessazione del rapporto, sia i periodi di cassa integrazione in deroga con sospensione a zero ore, sia i periodi di sospensione a zero ore per cassa integrazione ordinaria e straordinaria sono da considerarsi neutri con corrispondente ampliamento sia del periodo di osservazione per la ricerca della contribuzione utile alla prestazione di disoccupazione sia del periodo di 12 mesi per la ricerca del requisito dei 30 giorni di effettivo lavoro.

      Ne consegue che i periodi di sospensione a zero ore in cassa integrazione non incidono negativamente sulla maturazione dei requisiti per l’accesso alla Naspi.

      Il lavoratore, se viene licenziato dopo la cassa integrazione, avrà dunque diritto alla Naspi.

    • Tutti i sostegni al reddito

    • Fonte:Legge per tutti.it

2 aprile 2020

Cassa integrazione COVID 19


Quanti giorni passano dalla domanda al pagamento
Secondo i calcoli della Fondazione studi dei consulenti del lavoro
ipotizzando che l’attività sia stata sospesa il 12marzo per 9 settimane, il 18 marzo il datore di lavoro trasmette telematicamente ai sindacati l'informativa relativa all'attivazione della cassa integrazione/assegno ordinario e si rende disponibile all'esame congiunto.
Questa fase deve esaurirsi entro il 21 marzo 2020. A questo punto il datore di lavoro trasmette all’Inps la domanda di accesso alla prestazione «Covid-19 nazionale» e chiede il pagamento diretto da parte dell'Istituto.
La circolare 47/2020 dell’Inps ha chiarito che alla domanda non deve essere allegato l'esito della consultazione.
Quindi, nel nostro esempio, la domanda è “ufficialmente” inviata il 18 marzo 2020.
L’Inps riceve la domanda presentata dall'azienda, la protocolla e la istruisce, emettendo l'autorizzazione al pagamento diretto.
Entro quanto tempo? Non esiste una tempistica definita. «Al momento - avvertono dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro - non risulta che sia stata autorizzata alcuna pratica su tutto il territorio nazionale»
Il datore di lavoro attende l'esito della domanda trasmessa, consultando la voce “Esiti” della sezione del sito Inps dedicata all'invio delle domande di Cig. Non appena approvata la domanda il datore di lavoro, o il consulente del lavoro, predispone i modelli SR41, da trasmettere telematicamente all'Inps. Deve farlo entro 6 mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del periodo concesso.
In ogni caso, ai fini del nostro esempio, si ipotizza il 25° giorno successivo alla fine del periodo di paga di marzo 2020 (25 aprile 2020).
Quando l'Inps riceve i modelli SR41 contenenti i dati anagrafici dei dipendenti, l'Iban del conto corrente su cui accreditare le somme e le ore di sospensione/riduzione, procede ad emettere i mandati di pagamento tramite bonifico. Quando lo fa? Anche in quest caso non è prevista una tempistica di legge.
«I tempi di pagamento - sottolineano ancora dalla Fondazione consulenti del lavoro - dipendono dal numero delle domande presentate, dai tempi di emissione dei mandati e da quelli di esecuzione dei bonifici. Visto il numero ingente di domande e di lavoratori interessati, si stimano non meno di 60 giorni».
Un’accelerazione sui tempi, in effetti, potrebbe arrivare grazie all’accordo siglato nella notte del 30 marzo tra governo, parti sociali e Abi che punta a coinvolgere le banche nel pagamento della Cig. In ase all’intesa saranno le banche ad anticipare l’indennità di disoccupazione ai lavoratori in cig attraverso l’apertura di credito in un conto corrente (fino a 1.400 euro
L’anticipo può essere chiesto direttamente dal lavoratore alla banca. Non a tutti gli istituti di credito, solo a quelli che hanno aderito alla convenzione. Per farlo, le banche devono comunicare la volontà di adesione ad Abi via posta tradizionale (Associazione Bancaria Italiana, Piazza del Gesù, 49, 00186 Roma) o elettronica (sg@abi.it).
“Le banche – riporta il testo dell’accordo – favoriranno il ricorso a modalità telematiche, al fine di limitare l’accesso fisico alle filiali”. Si tratterà quindi di compilare un modulo online e inviarlo per posta elettronica all’istituto di credito. I moduli sono già disponibili sul sito dell’Abi. Si raccomanda, quindi, ai lavoratori interessati che volessero maggiori informazioni, di non recarsi in filiale ma di telefonare all’istituto di credito.
Si potrà avere un massimo importo complessivo di 1400 euro, parametrato a nove settimane di sospensione a zero ore, ridotto proporzionalmente in caso di durata inferiore e da riproporzionare in caso di rapporto a tempo parziale.
La banca versa i soldi su un conto corrente che viene aperto appositamente, esentando il lavoratore dal pagamento di oneri e interessi. L’anticipazione sarà rimborsata dall’Inps, che si è impegnato a erogare le risorse nel più breve tempo possibile.

24 marzo 2020

Emergenza Coronavirus: la cassa integrazione guadagni ordinaria

AGGIORNAMENTO.....
Arriva la cassa integrazione anche per i lavoratori che hanno stipulato il contratto di lavoro nel periodo che va dal 24 febbraio al 17 marzo e che erano stati precedentemente esclusi dal decreto “Cura Italia” del presidente del Consiglio. Lo annuncia su Facebook il deputato  del Movimento 5 Stelle Adriano Varrica.
Grazie a un emendamento sottoscritto in Commissione Bilancio al senato, si apre la porta agli ammortizzatori sociali anche a chi, avendo firmato un contatto di lavoro dal giorno in cui è stata dichiarata la “zona protetta” fino al 17 marzo, non poteva chiedere di accedere ala cassa integrazione in deroga rimanendo così senza lavoro e senza un sostentamento. 
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Il decreto prevede la possibilità per i datori di lavoro che, per cause riconducibili allo stato di emergenza provocato dal Covid-19, siano portati a ridurre o sospendere l’attività lavorativa, di fare richiesta del trattamento ordinario di integrazione salariale, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 e per una durata massima di nove settimane.
Secondo la normativa generale, e più precisamente ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. n. 148/2015, possono accedere al trattamento di integrazione salariale tutti i lavoratori subordinati, sia a tempo pieno che a part time (compresi i lavoratori con contratto di apprendistato professionalizzante). Non vi possono invece accedere i dirigenti, i lavoratori a domicilio e i soggetti in apprendistato per il diploma e la qualifica e di alta formazione e ricerca.
Per poter beneficiare delle integrazioni salariali è necessario inoltre avere maturato una anzianità di servizio aziendale presso l’unità produttiva pari ad almeno 90 giorni di lavoro effettivo (a partire dalla data di presentazione dell’istanza di concessione). Qualora la richiesta di integrazione salariale dipenda da eventi oggettivamente non evitabili in qualsiasi settore produttivo, tuttavia, il requisito di anzianità non risulta necessario.
Ai lavoratori sarà corrisposto un trattamento integrativo pari all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata per le ore non prestate, che saranno comprese tra zero ore ed il limite orario contrattuali.
Il D.Lgs 148/2015 stabilisce che i casi di intervento dell’integrazione salariale ordinaria sono:
  • situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali;
  • situazioni temporanee di mercato come la crisi che non dipende da mancanze strutturali e organizzative dell’impresa.
Come si è detto, il Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 ha introdotto delle novità per l’accesso al trattamento di cassa integrazione guadagni ordinaria limitatamente all’emergenza Covid-19. L’articolo 19 consente, ai datori di lavoro rientranti nelle categorie di cui all’articolo 10 del D.Lgs. n. 148/2015, che nell’anno 2020 sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica, di presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale:
  • per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020;
  • per una durata massima di nove settimane;
  • comunque entro il mese di agosto 2020.
I beneficiari dell’intervento saranno i lavoratori subordinati a tempo indeterminato, a tempo determinato, lavoratori a chiamata e apprendisti in forza al 23 febbraio 2020, indipendentemente dall’anzianità di servizio.
Per la presentazione dell’istanza viene introdotta l’apposita causale “emergenza Covid-19”.
Altresì viene previsto che il limite di 9 settimane per cui viene concessa la Cigo per Covid-19 non computi nel contatore massimo:
  • di 52 settimane nell’arco del biennio mobile, quale termine massimo di godimento del beneficio;
  • di 24 settimane nell’arco del quinquennio mobile.
Infine non risulta dovuto il cd. contributo addizionale di cui all’articolo 5 del D.Lgs. n. 148/2015.
La misura del beneficio resta dell’80% della retribuzione globale spettante e, su istanza dei datori di lavoro, potrà essere richiesto il pagamento diretto dell’Inps.
Fonte:Fisco7-Francesco Geria – LaborTre Studio Associato

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